2.

La quarta mattina Barbara si siede nello stesso posto, al tavolino, col latte macchiato, e con lo sguardo sbircia oltre la finestra.
Ma il tizio non compare, sul balcone.
Dopo un paio di minuti suona il campanello.
Barbara apre la porta senza pensare.
E dietro la porta c’è lui.
La donna richiude la porta istintivamente.
Poi chiude gli occhi, e la riapre.
Lui entra, lei indietreggia.
Lui chiude la porta lentamente, facendo il minimo possibile di rumore.
È in sandali e bermuda e ha addosso una maglietta che non riesce a coprire la pancia del tutto.
Barbara invece il suo solito pigiamino estivo, pantaloncini e canottiera.
Si guardano. 
Lui abbassa le braghe, non ha niente sotto.
Barbara guarda per un momento quella verga e poi si sforza di tornare a fissare gli occhi del tizio.
– Sei una bella fica, chissà se sai anche fare i bocchini...
– Scusi?
– Ahahah, mi dai del lei... Ma volevi solo vederlo da vicino o vuoi farci anche qualcosa?
Barbara non riesce a rispondere ma neanche a tirarsi indietro.
Lui si libera dei bermuda e le si avvicina. La sospinge indietro, dirottandola verso la cucina. La fa arrivare fino al tavolino. Le abbassa le spalline della canottiera e le scopre il seno.
– In ginocchio...
Barbara trattiene il respiro.
– Vai giù.
– Mi stai dando un ordine?
– Ti sto dando un ordine, come ieri.
Si guardano ancora un momento.
Poi Barbara si abbassa. Inizialmente continua a guardare lui, poi scende.
Ha quel lungo arnese, che ha turbato i suoi pensieri negli ultimi giorni, a poche decine centimetri dal volto. Lui la guarda e si eccita, così l’arnese si inturgidisce e si comincia ad ergere.
– Apri la bocca. Aprila molto bene.
Barbara fa un lungo respiro, poi schiude le labbra.
– Aprila bene, ho detto. La voglio vedere spalancata.
La ragazza distende lentamente la mandibola.
– La lingua. 
E la lingua della ragazza si appoggia sul labbro inferiore, fuoriuscendo di poco.
L’uomo ci appoggia sopra il suo membro. Poi glielo fa avanzare nella bocca, pianissimo, mentre si irrigidisce completamente.
Entra per alcuni centimetri, poi riesce. Poi rientra fino a poco più in là, e riesce. E ancora rientra un po’ più in là, e riesce.
Barbara fa delle smorfie, perché è difficile prendere quel coso enorme in bocca.
– Mpfh! 
– Non mollare, sgualdrina...
Lui la vede arrancare, così le mette ma mano destra sulla nuca e la usa per spingerglielo dentro fin dove è possibile.
– Mmmmmh!!! – mugugna forte lei.
– Tutto dentro, fino alla gola!
Poi la afferra per i capelli e le muove la testa avanti e indietro. Barbara appoggia le mani sulle cosce dell’uomo per tenersi, mentre lui la soggioga al proprio volere. Lentamente, avanti e indietro.
Dalla bocca di Barbara inizia a colare copiosamente saliva, che scende sul mento e da lì cade tra le gambe leggermente divaricate.
A tratti l’uomo fa uscire completamente il suo arnese dalla bocca, lasciando respirare la ragazza, per poi rientrare, prima rigonfiando da dentro la guancia destra, poi di nuovo fino alla gola.
Lei tossisce e i suoi occhi grondano di lacrime per quella specie di soffocamento.
– Ora usa la mano... e fammi venire.
Barbara, mentre ha ancora il glande tra le labbra, avvicina la mano destra alla verga, che è così grande che è più facile tenerla anche con la sinistra.
La ragazza inizia il suo massaggio ma viene subito redarguita.
– Mettici energia, non mi servono le smancerie.
E lei esegue, guardandolo negli occhi mentre lui le stringe i capelli dietro la nuca.
– Avanti, vai più forte...
Barbara scuote con vigore l’arnese, che ogni tanto lecca e bacia.
– Ma quanto ti piace...
– Tanto. – risponde lei con un sospiro.
– Ti voglio sborrare sulla faccia.
Barbara lascia che sia lui a terminare l’opera, chiude gli occhi e aspetta, respirando affannosamente.
– Aaah, tieni qua, troia!
L’uomo si scuote l’arnese con tutta la forza.
Lei tiene la bocca ben aperta, con la lingua di fuori,
Il primo getto la raggiunge sulla guancia destra, il secondo proprio la lingua, il terzo l’angolo sinistro della bocca e, quindi, l’altra guancia.
Mentre quello grufola ancora di piacere, Barbara è come bloccata. Il liquido gocciola dal mento sul seno e sul resto del corpo.
Lei sente di essere venuta anche lei, per l'impetuosa eccitazione.
Entrambi respirano affannosamente.
L’uomo ha ancora il crine di Barbara nel pugno sinistro.
Le appoggia l’arnese sullo zigomo destro. Lo lascia lì per alcuni secondi.
– Sarai la mia puttana per i prossimi tre giorni.
– Io... io...
– Ripeti: si, signore, sarò la tua puttana per tre giorni.
Barbara chiude gli occhi.
– Si... signore... sarò la tua puttana... per i prossimi tre giorni...
– E mettiti qualcosa di carino.

"Non doveva accadere.
Non pensavo si potesse spingere a venire a casa mia.
Ma io gli ho fatto fare tutto quello che voleva.
Non ha abusato di me. Anche lui ha fatto quello che volevo io.
Solo che non sapevo di volerlo."










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